Popolazioni strutturate per età o per taglia

Fino a questo punto abbiamo considerato popolazioni omogenee, in cui tutti gli individui condividono il medesimo tasso di natalità e di mortalità indipendentemente dalla loro età, taglia o stadio di sviluppo. In molti casi pratici, tuttavia, questa approssimazione non è accettabile: organismi in stadi diversi della loro vita, infatti, possono fornire contributi decisamente diversi alla dinamica della popolazione cui appartengono, sia in termini di mortalità che di fertilità.

La mortalità raramente è costante con l'età: nei mammiferi, per esempio, gli individui adulti sono in molti casi più resistenti di quelli giovani. Questa maggiore resistenza può avere una base fisiologica, dovuta ad esempio alla disponibilità di una maggiore riserva di grasso che permette all'adulto di affrontare con successo inverni particolarmente rigidi o lunghi periodi di penuria di cibo. In altri casi gli adulti sono più resistenti dei giovani ad alcune malattie perché l'esposizione ripetuta agli agenti infettivi permette agli animali che riescono a sopravvivere di costruire un'adeguata risposta immunitaria che li protegge da attacchi futuri. Anche l'esperienza acquisita con l'età può essere un elemento importante, perché un individuo adulto sa in genere affrontare meglio le condizioni di pericolo o di stress, come la fuga da un predatore o la ricerca di una preda o del cibo. L'effetto netto, in questi casi, è che la sopravvivenza annuale non è più costante, ma cresce con l'età degli individui, che d'ora in poi indicheremo con il simbolo x. Naturalmente può anche accadere che la mortalità cresca con l'età negli individui più anziani, perché gli animali più vecchi possono essere meno efficienti nella ricerca e acquisizione del cibo ed essendo più deboli diventare soggetti ai rigori dell'inverno, alla pressione dei predatori e alle malattie. Ci sono poi molti altri casi in cui la mortalità è invece bassissima nei primi stadi di sviluppo e cresce successivamente con l'età degli individui, come avviene ad esempio per lo scarafaggio Blatta orientalis (Fig. 1) e per la mosca della frutta.

Figura 1: Tasso di mortalità di Blatta orientalis alle diverse età.
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Anche il successo riproduttivo può essere legato all'età. Infatti, gli individui di molte specie impiegano un certo tempo per raggiungere la maturità sessuale e diventano fertili solo quando hanno raggiunto una taglia minima o accumulato una quantità di energia sufficiente per affrontare il grande dispendio energetico comportato dalla riproduzione. Poiché la taglia è legata più o meno strettamente all'età dell'individuo, molti animali devono raggiungere un'età minima (la cosiddetta età di prima riproduzione) prima di diventare fertili. Nella stragrande maggioranza dei casi la fertilità cresce con l'età; questo effetto è evidente nell'esempio riportato nella Fig. 2, relativo al cervo mulo (Odocoileus hemionus). In molte specie, come nei pesci o nelle piante ad alto fusto, la fertilità (numero di uova generato, o numero di semi) è in genere crescente con la taglia dell'individuo e continua a crescere per tutta la vita dell'individuo. L'esperienza acquisita con l'età può aumentare drasticamente il successo riproduttivo degli adulti, perché i giovani, benché fertili, non sono capaci di fornire le cure parentali necessarie per crescere e svezzare con successo la prole. Altre specie sono caratterizzate da una fase post-riproduttiva, in cui gli individui troppo anziani non sono più in grado di riprodursi, anche se continuano a consumare risorse, oppure, quando esiste una forte struttura sociale, contribuiscono ad aumentare il successo riproduttivo delle madri più giovani con la cura dei loro piccoli. Anche la fertilità, quindi, deve essere spesso considerata una funzione dell'età degli individui anziché una costante, come avevamo supposto nel capitolo precedente.

Figura 2: Fertilità del cervo mulo (Odocoileus hemionus) in funzione dell'età.
\includegraphics[width=0.75\linewidth]{cervo}

Non bisogna dimenticare, infine, che anche da un punto di vista gestionale la conoscenza della struttura d'età della popolazione può essere molto importante, perché molte politiche di prelievo (quelle considerate ad esempio nei piani di abbattimento faunistici) sono legate proprio allo stadio di sviluppo dell'animale. Il prelievo, infatti, può concentrarsi solo su alcune classi d'età: se si vuole ridurre al minimo l'impatto sulla crescita della popolazione, ad esempio, si può porre il vincolo di prelevare solo gli individui adulti non riproduttivi, tipicamente anziani; se viceversa si è preoccupati per il forte incremento demografico di una popolazione e si decide di attenuarlo, risulta conveniente abbattere gli individui giovani. A volte il principale parametro di interesse non è l'età dell'individuo, ma la sua taglia. Nel caso della gestione delle risorse ittiche, ad esempio, esistono sia a livello commerciale che a livello di pesca sportiva delle limitazioni sulla taglia di rimozione: gli individui più piccoli, che non hanno ancora avuto modo di esprimere il loro potenziale riproduttivo, non possono essere oggetto di sfruttamento. Dal punto di vista pratico questo si traduce nell'utilizzare reti la cui maglia sia sufficientemente larga da prelevare solo gli individui superiori a una taglia minima fissata. La taglia è nei pesci largamente correlata all'età, quindi porre una limitazione sulla taglia equivale di fatto a porre un limite sull'età degli individui catturabili.

Risulta chiaro dunque come - in molti casi di interesse pratico - sia difficile arrivare ad una conoscenza della dinamica di una popolazione che sia di una qualche utilità se non si considera esplicitamente la dipendenza dei parametri demografici della specie dall'età degli individui. Vediamo quindi come si costruisce un modello di dinamica delle popolazioni con struttura d'età. Estenderemo in seguito questa tipologia di modelli alle popolazioni strutturate per taglia.



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