La decomposizione

Sia in ambiente acquatico sia in ambiente terrestre esistono cospicui flussi di materia organica morta. Ovviamente tale materia è inerte e tende quindi a precipitare o al suolo o sul fondo dei corpi d'acqua. Questo detrito funge da cibo per tutta una serie di organismi e, quando sufficientemente sminuzzato, può essere efficientemente attaccato da batteri, funghi e muffe. Nel processo di decomposizione vengono rilasciati CO$ _{2}$, H$ _{2}$O, nutrienti (la cosiddetta mineralizzazione, cioè la trasformazione di composti organici in inorganici da parte della fauna e flora microbica). D'altra parte in ambiente terrestre vengono anche prodotti composti organici altamente resistenti che vanno a costituire l'humus. Il processo di decomposizione è in genere abbastanza lento. Per l'ambiente terrestre il modello più semplice prevede un decadimento esponenziale del detrito, ovvero, se indichiamo con MOM($ t$) la materia organica morta al tempo $ t$ e con $ M(t)$ il flusso di detrito che entra al tempo $ t$ nel comparto MOM, abbiamo

$\displaystyle \dfrac{d\text{MOM}}{dt}=M(t)-\delta\text{MOM}(t)$ (4.1)

dove $ \delta$ una costante di decadimento il cui inverso è il tempo medio di decomposizione. I valori di $ \delta$ sono molto diversi a seconda dell'ambiente in cui si svolge la decomposizione. Nelle foreste pluviali tropicali la decomposizione è estremamente rapida e $ \delta$ è maggiore di 1 anno$ ^{-1}$ (Cuevas e Medina, 1988). Nelle praterie $ \delta$ varia tra 0.2 e 0.6 anni$ ^{-1}$ (Seastedt, 1988; Vossbrinck et al., 1979), mentre nelle torbiere si possono avere valori estremamente piccoli dell'ordine di 0.001 anni$ ^{-1}$ (Olson, 1963). Nello studio di Esser et al. (1982) viene indicato un tempo globale medio di decomposizione di 3 anni ( $ \delta = 0.33$ anni$ ^{-1}$) per i suoli dei diversi ecosistemi mondiali.

I valori del tempo medio di decomposizione per i vari ambienti vengono valutati sperimentalmente mediante tecniche quali quelle dei pacchi fogliari. Una certa quantità di materia organica, ad es. foglie, viene racchiusa in un involucro a rete. Attraverso le maglie della rete, che possono essere modulate, non può penetrare ulteriore materia organica ma possono introdursi detritivori di dimensioni variabili e organismi decompositori. La mineralizzazione della biomassa viene controllata periodicamente ottenendo andamenti della biomassa indecomposta rimanente quali quelli riportati in Fig. 7. Essi si conformano piuttosto bene ad una curva esponenziale decrescente

   MOM$\displaystyle (t)=$MOM$\displaystyle (0) \exp(-\delta \cdot t)
$

che altro non è che la soluzione dell'equazione (2) con $ M(t)= 0$.

Figura 7: Decomposizione della lettiera in diversi biomi, tratta da Parton et al. (2007). (A) Foglie; (B) radici in varie foreste e nella tundra; (C) foglie; (D) radici in praterie umide e aride. Viene riportata la biomassa media rimanente in funzione del tempo (anni).
\includegraphics[width=0.75\linewidth]{decomposizione}

Possiamo farci un'idea della dimensione del comparto della materia organica morta in vari ecosistemi o biomi supponendo in primissima approssimazione che il flusso $ M(t)$ sia più o meno costante e pari a $ M$. È facile ricavare dall'equazione (2) che in condizioni di equilibrio ( $ \frac{d\text{MOM}}{dt}=0$) risulta

   MOM$\displaystyle =M\cdot T_D
$

con $ T_D=1/\delta$. La dimensione del comparto è quindi tanto maggiore quanto maggiore è il tempo medio di decomposizione.

Poiché in alcuni ambienti la decomposizione è lenta, ne consegue che il comparto della materia organica morta può risultare di notevoli dimensioni. Tale comparto per le catene di detrito riveste un'importanza analoga a quello dei produttori primari per le catene di pascolo. Anche dal punto di vista quantitativo la dimensione della MOM è paragonabile alla dimensione del comparto dei produttori primari e in molti casi superiore. Schlesinger (1977) ha compilato per il detrito terrestre un inventario analogo a quello del terzo rapporto dell'IPCC (Tab. 2) per i produttori primari. I risultati sono riportati in Tab. 4 ed, essendo riferiti in termini di contenuto di carbonio della materia organica del suolo, sono direttamente confrontabili con i risultati di Tab. 2. Come si può notare, nelle foreste il contenuto di carbonio nella biomassa viva è dello stesso ordine di grandezza di quello contenuto nella materia organica morta del suolo. Il carbonio nel suolo è maggiore nelle foreste boreali, inferiore in quelle temperate, ancora inferiore nelle foreste tropicali, caratterizzate da elevati tassi di decomposizione. Nelle praterie, tundre, deserti e nel terreno coltivato il contenuto di carbonio nel suolo è estremamente variabile, ma è comunque di un ordine di grandezza maggiore del carbonio contenuto nella biomassa viva. Globalmente, secondo le stime di Schlesinger , nella materia organica morta del suolo sono contenuti 1456$ \times$10$ ^{15}$ gC da contrapporsi ai 654$ \times$10$ ^{15}$ gC contenuti nella biomassa viva. Nel terzo rapporto IPCC (Houghton et al., 2001), basato su studi più recenti, le stime di Schlesinger sono state leggermente riviste: nella materia organica morta del suolo sarebbero contenuti 1567$ \times$10$ ^{15}$ gC.


Tabella: Stime della materia organica morta (MOM) contenuta nel suolo di diversi biomi terrestri (Schlesinger, 1977). I valori medi (MOM $ _$media) sono misurati in (kgC$ \cdot $m$ ^{-2}$), l'area in 10$ ^{6}$km$ ^{2}$, e i valori totali (MOM $ _$tot) sono espressi in 10$ ^{9}$tC.
\begin{table}
\begin{tabularx}{\linewidth}
{p{0.4\linewidth}XXX}
\textbf{Bioma}&...
...tbf{Totale}&
&
\textbf{147}&
\textbf{1456} \\
\hline
\end{tabularx}\end{table}


Il processo di decomposizione in ambiente acquatico è forse meno conosciuto rispetto a quello in ambiente terrestre, anche per l'intrinseca difficoltà di studiare zone vaste e profonde come gli oceani. La differenza principale con la decomposizione in ambiente terrestre è che il particolato organico che precipita verso il fondo viene in grandissima parte degradato nella colonna d'acqua medesima e anzi negli strati superficiali. La ragione di questo fatto è che la colonna d'acqua ospita importanti popolazioni di batteri che mineralizzano il particolato organico, rilasciando anidride carbonica e nutrienti. Cole et al. (1988) hanno passato in rassegna diversi studi di ecosistemi marini e d'acqua dolce e hanno determinato che in media la produzione dei batteri nella colonna d'acqua è circa il doppio della produzione dello zooplankton e che circa il 40% della produzione primaria netta va a rimpiazzare biomassa che è consumata dai batteri. Secondo Martin et al. (1987) circa il 95% del carbonio presente nel particolato organico viene degradato entro una profondità di 3000 m e solo piccole quantità raggiungono il fondo degli oceani. Il processo di decomposizione continua comunque anche nel sedimento di mari e laghi, favorito dalla presenza di una fauna di fondo specializzata nell'utilizzo del detrito (il cosiddetto benthos) e di funghi e batteri.