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La circolazione dei tossici negli ecosistemi

Il destino delle sostanze tossiche che vengono disperse nell'ambiente è uno dei grandi problemi della società moderna. Il grande sviluppo dell'industria chimica dopo la seconda guerra mondiale ha portato alla sintesi di uno sterminato numero di nuove molecole, soprattutto organiche: circa 10 milioni. Si calcola che circa 120.000 siano di uso comune e che circa 11.000 siano prodotte in quantità superiore ai 500 kg all'anno. Gli organismi viventi non sono adattati a molecole con struttura chimica differente da quella delle molecole naturali. Si dice perciò che questi composti sintetici sono degli ``xenobionti'', cioè sono estranei agli esseri viventi. I sistemi enzimatici degli organismi decompositori non sono sempre in grado di mineralizzare queste molecole, che possono quindi persistere a lungo negli ecosistemi e danneggiare gravemente la componente biotica in cui permangono. A volte le molecole sono assorbite e metabolizzate, ma i prodotti del metabolismo possono essere a loro volta nuove molecole che talora risultano altrettanto o più pericolose dei composti di partenza.

La maggior parte delle nuove molecole organiche proviene dall'industria petrolchimica, in quanto il petrolio è il punto di partenza di molte sintesi. Tra i tossici quelli più studiati sono i metalli pesanti (Hg, Cu, Cd, Zn), i pesticidi, i policlorodifenili (PCB) e i solventi clorurati. Essi possono venire accumulati negli organismi e produrre effetti dannosi quali la diminuzione della sopravvivenza e della natalità o anche la morte. A causa del gran numero di potenziali tossici che vengono rilasciati nell'ambiente si è sviluppata negli ultimi 50 anni una branca speciale dell'ecologia che prende il nome di ``ecotossicologia'' e che coniuga le conoscenze dell'ecologia con quelle della chimica e della tossicologia.

Ci sono molte maniere diverse per saggiare la tossicità di una sostanza nei confronti di un determinato organismo. Una volta, la maggior parte dei test di tossicità misuravano il numero di organismi uccisi da una determinata dose o concentrazione. Più recentemente c'è stata una tendenza a misurare anche altri effetti, quali la riduzione del numero di uova deposte o di giovani nati, la diminuzione della crescita corporea (biomassa o lunghezza del corpo) e il malfunzionamento di alcuni processi fisiologici (respirazione o sintesi di enzimi). Con gli animali terrestri di solito si vanno a vedere gli effetti di una certa dose (misurata come peso della dose) che viene somministrata per via orale o attraverso la pelle oppure iniettata. Per gli organismi acquatici (o immersi in un mezzo che può essere contaminato) si valutano gli effetti di una determinata concentrazione (peso per unità di volume) nell'acqua o nel mezzo circostante.

Le seguenti quantità, conosciute collettivamente sotto il nome di ED o EC (Effective Doses o Effective Concentrations), sono frequentemente usate per descrivere i risultati di un test di tossicità:

Il bioaccumulo di tossici può avvenire o direttamente dal mezzo in cui l'organismo vive (tipicamente dall'acqua) o attraverso l'ingestione lungo le catene trofiche o in entrambi i modi. Nel primo caso il fenomeno che si verifica è quello della ``bioconcentrazione'', nel secondo caso si ha invece il fenomeno della ``biomagnificazione''.

Bioconcentrazione

Il termine bioconcentrazione si riferisce all'assorbimento di una sostanza dal mezzo circostante (di solito acqua) in maniera tale che le concentrazioni della sostanza nei tessuti dell'organismo (formati in gran parte di acqua) diventano più alte di quelle presenti nell'ambiente circostante. Il più semplice modello di bioconcentrazione è il seguente. Si suppone che ci siano solo due compartimenti: il mezzo circostante e l'organismo. Indichiamo con $ A$ la concentrazione del tossico nell'ambiente circostante (ad es. misurata in mg l$ ^{-1})$ e con $ C$ la concentrazione del tossico nell'organismo (ad es. in mg kg$ ^{-1})$. È spesso ragionevole assumere che ogni organismo assorba nell'unità di tempo una quantità di tossico proporzionale alla concentrazione del medesimo nell'ambiente per esempio attraverso la respirazione branchiale se si tratta di pesci. D'altra parte gli organismi sono anche in grado di espellere o metabolizzare una parte del tossico presente nei loro tessuti per esempio attraverso l'escrezione. È spesso ragionevole supporre che il rilascio del tossico nell'unità di tempo sia proporzionale alla concentrazione nei tessuti. In breve possiamo scrivere la seguente equazione di bilancio

$\displaystyle \frac{dC}{dt} = k_1 A(t) - k_2 C(t),
$

dove $ k_{1}$ e $ k_{2}$ sono rispettivamente la costante di assorbimento e di rilascio. Se assumiamo che la concentrazione di tossico nell'ambiente è costante e pari ad $ A$, la concentrazione $ C$ di tossico nell'organismo tende verso la concentrazione di equilibrio (quella per cui dC/dt = 0), ovvero verso

$\displaystyle C_{eq} = \frac{k_1 }{k_2 }A.
$

Perciò se definiamo come fattore di bioconcentrazione (BCF, BioConcentration Factor) il rapporto tra la concentrazione nell'organismo e quella nel mezzo circostante possiamo dire che a regime si ha

$\displaystyle BCF = \frac{k_1 }{k_2 }.
$

Il BCF sarà tanto più alto quanto maggiore è la costante di assorbimento e quanto minore è la costante di rilascio. Naturalmente per ogni dato tossico il BCF varia da specie a specie, mentre all'interno di ogni specie il BCF è diverso per ogni diversa sostanza assorbita. Ad esempio nella pulce d'acqua (Daphnia magna, uno dei più importanti filtratori dello zooplancton, organismo molto usato nei saggi di tossicità) il BCF per tre diverse sostanze è riportato in Tab. 5.


Tabella 5: Fattori di bioconcentrazione in Daphnia magna, misurati in mg kg$ ^{-1}$/mg l$ ^{-1}$, per tre diverse sostanze.
Sostanza BCF
Benzo(a)pirene 12762
Bis (2-etilesile) ftalato 5200
Cloruro di manganese 911

Quindi, se consideriamo che un kg di biomassa contiene un po' meno di un litro d'acqua, possiamo notare come la concentrazione del tossico nell'ambiente possa ritovarsi nei tessuti degli organismi aumentata anche di diversi ordini di grandezza. Spesso i tossici si accumulano nei tessuti grassi di un organismo essendo lipofilici. Infatti molto spesso il BCF di un organismo cresce al crescere del coefficiente $ K_{ow}$ di ripartizione tra acqua e n-ottanolo (che con la sua lunga catena idrocarburica e la funzione terminale alcolica è assimilabile ai lipidi), una costante che può venire misurata facilmente per ogni sostanza (vedi per esempio la Tab. 6). Il famigerato DDT è pochissimo solubile in acqua e ha un BCF di circa 24000 mg kg$ ^{-1}$/mg l$ ^{-1}$. Questo vuol dire che se il DDT è presente in acqua al livello di 1 ng l$ ^{-1}$, valore che è al limite della sensibilità delle analisi chimiche, viene poi ritrovato per effetto della bioconcentrazione, ad esempio nei pesci, come 24 $ \mu $g kg$ ^{-1}$ di peso fresco.


Tabella 6: Coefficiente di ripartizione n-ottanolo/acqua per diverse sostanze.
Composto K$ _{ow}$
benzene 130
naftalene 2300
anilina 7,9
1-esanolo 34
benzaldeide 30


Biomagnificazione

Col termine biomagnificazione intendiamo la tendenza di alcune sostanze chimiche a diventare sempre più concentrate man mano che si sale di livello nelle catene trofiche. Un esempio viene riportato in Fig. 13. Nel 1949, a causa della presenza di un moscerino del tutto innocuo (Chaoborus astictopus) nella zona circostante Clear Lake in California, venne spruzzato del DDD (un composto meno tossico del DDT) ad una concentrazione di circa 0.02 ppm. L'insetto scomparve inizialmente, ma nel 1951 ricomparve e l'applicazione dell'insetticida fu ripetuta regolarmente fino al 1954 quando un gran numero di cadaveri di svassi, uccelli piscivori, furono ritrovati nel lago. La ragione di tale moria è proprio dovuta alla biomagnificazione. Abbiamo infatti visto che le efficienze lorde di produzione superano raramente il 5%. Perciò ad ogni livello trofico i consumatori devono ingerire una grande quantità di biomassa dal livello trofico inferiore per costruire un'unità della propria biomassa. Se la biomassa consumata contiene un contaminante, necessariamente i consumatori ingeriranno una grande quantità di tale contaminante. Se esso è di difficile metabolizzazione o rilascio, grandi quantità di tossico si concentreranno quindi nei consumatori. Ad ogni passaggio trofico si ha perciò un'amplificazione della concentrazione del contaminante. Potete provare a risolvere il problema 6.19 dell'eserciziario, che mostra come il più semplice modello di biomagnificazione predice una semplice relazione che lega le concentrazioni di contaminante nei tessuti di due organismi posti in successivi livelli: il rapporto delle concentrazioni è pari proprio all'efficienza di produzione.

Figura 13: La biomagnificazione del DDD nel Clear Lake in California
\includegraphics[scale=0.7]{biomagni}