L'effetto serra e il riscaldamento globale

Come abbiamo già detto nel capitolo 2, se la terra fosse priva di atmosfera la sua temperatura superficiale sarebbe in media di circa -18$ ^\circ$ C e risulterebbe dall'equilibrio tra la radiazione solare incidente e l'irraggiamento della terra che, secondo la legge di Stefan-Boltzmann (corpo nero), aumenta con la quarta potenza della temperatura assoluta del corpo radiante. In realtà la presenza dell'atmosfera con tutti i suoi gas componenti e le nuvole altera questo semplice quadro e permette, attraverso un effetto simile a quello di una serra, di catturare calore e di mantenere la temperatura superficiale media a circa 15$ ^\circ$ C.

Figura 5: Il bilancio termico globale della terra e l'effetto serra (tratto da Kiehl e Trenberth (1997)). Tutti i numeri sono in W m$ ^{-2}$ e alcuni hanno un'incertezza che raggiunge $ \pm $ 20%
\includegraphics[width=1\linewidth]{BilancioEnergeticoTerra}

Il bilancio delle radiazioni incidenti, assorbite e irraggiate è mostrato in Fig. 5. La radiazione solare incidente è pari in media a 342 W m$ ^{-2}$. Facendo pari a 100 unità la costante solare, si può riassumere il bilancio planetario globale nella Fig. 6, limitandosi approssimativamente ai tre comparti più importanti: stratosfera, troposfera e superficie terrestre. Ciascuno di questi tre comparti deve essere più o meno in equilibrio termico e quindi la differenza tra i flussi di calore entranti e uscenti in ogni comparto deve essere pari a zero. I flussi termici sono tutti radiativi, a parte quelli ceduti dalla superficie della terra sotto forma di calore sensibile (che si traduce nei moti convettivi dell'atmosfera) e di calore latente (legato all'evaporazione delle masse d'acqua). La radiazione proveniente dal sole è praticamente tutta formata da onde corte e di essa circa il 20% è assorbito dall'atmosfera, circa il 30% è riflesso sotto forma di onde corte dall'aria, dalle nubi e dalla superficie terrestre mentre il rimanente 50% è assorbito dalla superficie terrestre. Poiché le temperature della superficie terrestre e dell'atmosfera sono molto minori di quella del sole, le radiazioni vengono emesse nello spettro delle onde lunghe (legge di Wien). In particolare la superficie terrestre emette una radiazione infrarossa di potenza pari a più del 110% della costante solare. Una grandissima parte di queste onde lunghe sono catturate dalle nubi, dal vapor d'acqua, dall'ozono, dal metano, dall'anidride carbonica e da altri gas presenti nella troposfera e nella stratosfera. Ecco perché si dice che sono dei gas serra: essi sono infatti in grado di trattenere il calore nell'atmosfera. Quest'ultima irraggia anch'essa onde lunghe, di cui più della metà verso la superficie terrestre (radiazione di ritorno). In complesso, la superficie terrestre riceve 50 unità dal sole nello spettro visibile e 89 unità dall'atmosfera nell'infrarosso per un totale di 139 unità, mentre cede 110 unità per irraggiamento di onde lunghe e 29 unità come calore sensibile e latente sempre per un totale di 139 unità. E' quindi chiaro che la temperatura della superficie della terra è fondamentalmente determinata dalla radiazione di ritorno.

Figura 6: Schema riassuntivo del bilancio termico globale della terra in cui viene fatta pari a 100 la radiazione solare incidente. CS = calore sensibile, CL = calore latente
\includegraphics[width=1\linewidth]{BilancioRadiativoTerra}

L'azione dell'uomo ha portato ad un incremento dell'emissione di gas serra in atmosfera e questo ha prodotto di conseguenza un aumento delle loro concentrazioni, come riassunto dalla tabella 1. Il naturale effetto serra, che rende il nostro pianeta abitabile, viene accentuato dalle attività dell'uomo, che quindi contribuiscono ad aumentare la temperatura superficiale media della terra. Anche se la capacità intrinseca di catturare e riirraggiare infrarossi è molto diversa tra i diversi gas (1 kg di CO$ _{2}$ ha un potenziale di riscaldamento globale che è migliaia di volte più piccolo rispetto a 1 kg di CFC), le loro concentrazioni possono differire di diversi ordini di grandezza. Per questa ragione l'anidride carbonica e il metano, che sono estremamente abbondanti in atmosfera, risultano essere i gas che danno un maggiore contributo al riscaldamento globale (vedi tabella 2). È da notare che nei processi di combustione vengono anche generati aerosol, alcuni dei quali (in particolare i solfati) hanno un effetto raffreddante, come messo in evidenza dalla tabella 2. Tuttavia i tempi di residenza in atmosfera e quindi i tempi di rimozione degli aerosol sono di pochi giorni (vedi sempre tabella 2) mentre il tempo di rimozione della CO$ _{2}$ è dell'ordine di un centinaio di anni e questo ha un'ovvia rilevanza dal punto di vista delle politiche ambientali ed energetiche.


Tabella 1: Caratteristiche dei principali gas serra (in aggiunta al vapore acqueo)
\begin{table}
\begin{center}
\begin{tabularx}{\linewidth}{\vert p{.2\linewidth}\...
...come smog fotochimica \\
\par
\hline
\par
\end{tabularx}\end{center}\end{table}



Tabella 2: Forzanti climatiche fino all'anno 2000 e tempi di rimozione dei principali gas serra e aerosol rilasciati dall'uomo in atmosfera (tratto da Committee on the Science of Climate Change (2001))
\begin{table}\par\begin{center}
\par
\begin{tabularx}{\linewidth}{\vert p{0.3\...
...giorni \\
\par
\hline
\par
\end{tabularx}\par
\par
\end{center}\par
\end{table}


In particolare, l'anidride carbonica è il gas serra che desta le maggiori preoccupazioni. Abbiamo visto nel precedente paragrafo che la concentrazione di CO$ _{2}$ atmosferica è andata aumentando gradatamente negli ultimi 150 anni come già mostrato nella Fig. 4. Accurate misurazioni (in particolare quelle dell'osservatorio di Mauna Loa nelle Hawaii, riportate in Fig. 7) confermano un trend crescente cui si sovrappongono le oscillazioni stagionali dovute al prevalere della respirazione in inverno e della fotosintesi in estate.

Poiché i gas serra sono i responsabili della radiazione di ritorno si teme che l'aumento della loro concentrazione possa provocare un riscaldamento globale dell'atmosfera terrestre. A tale proposito le idee sono ora molto più chiare di quanto non lo fossero dieci anni fa, come confermato dal recente rapporto (Committee on the Science of Climate Change, 2001) richiesto dal Presidente degli Stati Uniti a una commissione del National Research Council, costituita da undici dei migliori climatologi, fisici e chimici dell'atmosfera, degli Stati Uniti, uno dei quali è Premio Nobel e sette sono membri della National Academy of Sciences. Tale rapporto ha sostanzialmente confermato che, se continueranno le attuali emissioni di anidride carbonica e di altri gas climalteranti, sarà altamente probabile che si verifichino cambiamenti climatici globali, anche se le previsioni sono molto difficili a causa dell'estrema complessità del problema. Qui di seguito riassumiamo alcuni risultati della ricerca scientifica degli ultimi anni che possono inquadrare utilmente il problema.

Figura 7: L'andamento della concentrazione di anidride carbonica atmosferica misurata all'osservatorio di Mauna Loa nelle Hawaii dal 1958 al 2004 (Keeling e Whorf, 1998).
\includegraphics[width=.6\linewidth]{MaunaLoa58to04}

In primo luogo accurate misurazioni effettuate su carote di ghiaccio prelevate nella base di Vostok in Antartide e contenenti campioni d'aria molto antichi ci dicono che la concentrazione di anidride carbonica dell'atmosfera negli ultimi 400.000 anni non è mai stata così alta, come mostrato in Fig. 8. Infatti, nell'era preindustriale ha oscillato tra un minimo di 190 ppm e un massimo di 290 ppm (Houghton et al., 2001) con una periodicità di circa 125000 anni che corrisponde a variazioni dell'orbita terrestre. Ma negli ultimi 150 anni la concentrazione di CO$ _{2}$ è passata da 280 a 380 ppm, un aumento mai verificatosi in tempi geologicamente recenti. Non c'è quindi alcun dubbio che l'aumento recente delle concentrazioni sia dovuto alle emissioni dell'uomo in era industriale.

Figura 8: La concentrazione di CO$ _{2}$ negli ultimi 400000 anni. Dati ottenuti dall'analisi di bolle d'aria intrappolate nei ghiacci dell'Antartide (Houghton et al., 2001). L'inserto mostra, su di una scala temporale molto più corta l'aumento recente della concentrazione di biossido di carbonio registrato a Mauna Loa
\includegraphics[scale=1]{CO2ThousandsYears}

Non è comunque facile fare dei bilanci estremamente precisi per il ciclo del carbonio. In particolare è molto difficile capire quale sia esattamente il bilancio tra gli ecosistemi terrestri e l'atmosfera. La Tab. 3 (Schimel et al., 2001) presenta le stime più aggiornate sui flussi di carbonio negli ultimi due decenni (la Fig. 3 presentava invece la situazione come più o meno era nel 1985). Se tutte le emissioni da combustibili fossili e da cambiamento dell'uso del suolo (deforestazione) finissero nell'atmosfera, l'aumento medio annuale negli anni 1980 della quantità di carbonio in atmosfera avrebbe dovuto essere di 5.4 + 1.7 = 7.1 PgC e negli anni 1990 di 6.3 + 1.6 = 7.9 PgC. Invece tale aumento è stato minore, ovvero di 3.3 PgC all'anno negli anni 1980 e di 3.2 PgC negli anni 1990. Si sa che la pompa oceanica è in grado di assorbire una parte dell'anidride carbonica emessa ogni anno: in media tale assorbimento è stato di 1,9 PgC all'anno negli anni 1980 e di 1,7 PgC all'anno negli anni 1990. È possibile anche stimare, utilizzando modelli di trasporto atmosferico, il flusso netto tra la biosfera delle terre emerse e l'atmosfera (essendo un flusso netto include anche la deforestazione): negli anni 1980 il bilancio è stato sostanzialmente in pareggio, poichè le terre emerse hanno assorbito solo 0.2 PgC all'anno, ma negli anni 1990 le terre emerse sono diventate un ``pozzo'' per il carbonio in quanto hanno assorbito 1.4 PgC all'anno. Sono state anche compiute stime indipendenti (cioè senza utilizzare modelli di trasporto) per i flussi di emissione dalle terre emerse dovute ai cambiamenti del suolo: poichè sono stati stimati importanti flussi positivi (1.7 PgC a$ ^{-1}$ negli anni 1980 e 1.6 PgC a $ ^{-1}$ negli anni 1990) ne viene di conseguenza che o i calcoli delle emissioni sono sbagliati in eccesso (ma questo sembra poco probabile) o esiste un meccanismo di assorbimento del carbonio nelle terre emerse.

Questo problema è stato chiamato il ``mistero del carbonio mancante''. Studi degli ultimi anni hanno parzialmente risolto il mistero. Con ogni probabilità, a differenza del bilancio indicativo presentato in Fig. 3, la produzione primaria lorda è in eccesso rispetto alla respirazione delle piante e dei consumatori e decompositori terrestri (o equivalentemente la produzione primaria netta supera la respirazione dei consumatori e decompositori). Ciò comporta un assorbimento di 2 - 4 milioni di tonnellate di carbonio ogni anno. In pratica si stanno verificando due fenomeni: in alcune zone (soprattutto nelle foreste temperate) la biomassa della vegetazione sta crescendo, in altre zone la materia organica del suolo assorbe più carbonio di quanto non ne rilasci. Questo secondo fenomeno sembra essere decisamente molto importante. In ogni caso, l'oceano e gli ecosistemi terrestri, per quanto siano dei grandi assorbitori di carbonio, sono in grado di tamponare solo un po' più della metà delle attuali emissioni antropogeniche di CO$ _{2}$. Non si deve poi pensare che gli ecosistemi possano in eternità fare da ``pozzi'' per il carbonio emesso. La biomassa delle piante terrestri non può crescere oltre una certa capacità portante. Una volta raggiunto tale equilibrio, produzione primaria lorda e respirazione si devono necessariamente compensare. Una stima ragionevole (Scholes e Noble, 2001) è che il carbonio immagazzinabile nella biomassa delle piante sia pari a quanto ne è stato rilasciato in atmosfera negli ultimi 250 anni come risultato dei cambiamenti d'uso del suolo: circa 200 Pg. Se si restituisse agli ecosistemi questo carbonio nel corso di un secolo, si avrebbe nel 2100 una minore concentrazione di CO$ _{2}$ di circa 70 ppm. Si tenga però presente che la concentrazione prevista per il 2100 varia tra 500 e 950 ppm, secondo le ultime stime dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (Houghton et al., 2001). Quindi l'utilizzo della biomassa vegetale come assorbitore di carbonio può solo mitigare parzialmente l'incremento di CO$ _{2}$ atmosferica.


Tabella 3: Bilanci dei flussi annuali medi di carbonio per gli anni 1980 e 1990. Tutte le cifre sono PgC a$ ^{-1}$. Le cifre negative indicano flussi dall'atmosfera, ovvero assorbimento da parte dell'oceano o delle terre emerse. Vengono riportate le incertezze delle stime dei flussi.
     
  Decennio 1980-1990 Decennio 1990-2000
Emissioni (combustibili fossili e produzione di cemento) 5.4 $ \pm $ 0.3 6.3 $ \pm $0.4
Aumento concentrazione atmosferica 3.3 $ \pm $ 0.1 3.2 $ \pm $ 0.1
Flusso netto oceano - atmosfera - 1.9 $ \pm $ 0.5 - 1.7 $ \pm $ 0.5
Flusso netto terre emerse - atmosfera - 0.2 $ \pm $ 0.7 - 1.4 $ \pm $ 0.7
Emissioni dovute al cambiamento d'uso del suolo 1.7 (da 0.6 a 2.5) 1.6 $ \pm $ 0.8 (stima basata solo sui primi anni 1990)
Assorbimento residuo delle terre emerse - 1.9 (da -3.8 a 0.3) da -2 a - 4 (altamente incerto)

Il problema forse più dibattuto nella comunità scientifica è quello delle relazioni che intercorrono tra l'aumento dei gas serra e il clima del nostro pianeta. Quali conseguenze globali ha avuto ed avrà l'aumento della concentrazione di anidride carbonica? La principale variabile climatica su cui si appunta l'attenzione, anche del grande pubblico, è la temperatura terrestre. Poiché accurate misurazioni termometriche esistono solo da un centinaio di anni, le temperature di un passato più lontano vengono ricostruite principalmente usando variabili sostitutive ( ``proxy'' nella letteratura anglosassone): anelli degli alberi, coralli, sedimenti, pollini e conchiglie fossili, isotopi dell'ossigeno presenti in ghiacci antichi. Il risultato di questi studi è riassunto nella Fig. 9, tratta dal rapporto dell' Intergovernmental Panel for Climate Change (IPCC, Houghton et al. (2001)), la quale mostra chiaramente come nel ventesimo secolo si sia verificato un riscaldamento della crosta terrestre (di circa 0.7$ ^\circ$ C) che non trova precedenti nel resto del millennio sia come tasso di crescita sia come durata. L'IPCC (Houghton et al., 2001), sulla base di diverse evidenze scientifiche, ha concluso che gran parte del riscaldamento degli ultimi 50 anni è dovuto all'aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera. Tale conclusione è stata confermata dal rapporto, sopra menzionato, richiesto dal Presidente degli Stati Uniti a una commissione del National Research Council. Recentemente, () hanno esaminato con molta cura gli ultimi due millenni e hanno concluso che la temperatura terrestre ha avuto notevoli variazioni, ma che il riscaldamento verificatosi negli ultimi trent'anni, soprattutto con riferimento all'emisfero nord del pianeta, è del tutto insolito. Gli andamenti della concentrazione di CO $ _{2}$ atmosferica e della temperatura media superficiale della terra mostrano una notevole correlazione tra di loro negli ultimi 150000 anni (Fig. 10) e tale correlazione, seppur leggermente minore, sussiste anche nel periodo tra 350000 e 150000 anni fa (Cuffey e Vimeux, 2001). È quindi difficile pensare che non vi sia un legame tra le due variabili.

Figura 9: Ricostruzione della temperatura media superficiale dell'emisfero boreale nell'ultimo millennio. La linea nera indica la media smussata (su una finestra di 40 anni), mentre l'area grigia corrisponde a $ \pm $ due deviazioni standard. Tratto da Houghton et al. (2001)
\includegraphics[width=1\linewidth]{TrendTemperatura}
.

Figura 10: L'andamento della concentrazione dell'anidride carbonica e della temperatura media dell'emisfero australe ( $ \Delta T_{H})$ negli ultimi 160000 anni. I valori sono stati normalizzati. Il coefficiente di determinazione è $ r^{2}$ = 0.89 (si veda Cuffey e Vimeux, 2001, per approfondimenti).
\includegraphics[scale=0.5]{cuffey}

Figura 11: Previsioni dell'aumento della temperatura media terrestre nel 2040 ottenute con otto diversi modelli generali di circolazione e sotto l'ipotesi che non vengano attuate misure di controllo delle emissioni (scenario ``business as usual''). I quadratini indicano le previsioni originali dei modelli, mentre i rombi indicano la migliore stima dopo che è stata attuata una ricalibrazione dei modelli (Allen et al., 2000). Le barre indicano gli intervalli di confidenza al 90%.
\includegraphics[width=0.75\linewidth]{allen1}

Per quanto riguarda il futuro, le previsioni sono molto difficili a causa dell'estrema complessità del problema. I modelli climatologici hanno fatto passi da gigante negli ultimi 10 anni: i più recenti tengono conto in maniera integrata tanto del trasporto atmosferico quanto della circolazione oceanica e sia delle componenti abiotiche sia di quelle biotiche. Tuttavia esistono ancora notevoli incertezze per quanto riguarda molti fenomeni, in particolare il ruolo giocato dalla formazione delle nubi. Non va poi dimenticato che l'andamento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera dipenderà in maniera critica dalle politiche che verranno adottate nel corso del ventunesimo secolo: è quindi possibile fare delle previsioni solo sotto l'ipotesi di diversi scenari di sviluppo economico, demografico ed energetico. Tuttavia molti diversi modelli sono concordi nel prevedere che, se non verranno prese misure di contenimento delle emissioni, la temperatura media terrestre aumenterà, rispetto al periodo preindustriale, di almeno un grado entro il 2040 (vedi Fig. 11). Nel caso peggiore tale aumento potrebbe essere di 2 gradi e mezzo. Naturalmente l'incertezza delle previsioni è tanto maggiore quanto più ci si spinge in là nel tempo come mostra la Fig. 12.

Figura 12: Andamento della temperatura media globale dal 1950 al 2040 come prevista dal modello HadCM2 (uno degli otto di fig. 11.9). La linea tratteggiata indica la previsione con il modello ricalibrato, i rombi indicano le temperature medie decennali effettivamente osservate $ \pm $ 2 deviazioni standard (barre verticali), mentre l'ombreggiatura indica la regione di confidenza al 90% per le previsioni del modello. Tratto da Allen et al. (2000).
\includegraphics[scale=0.4]{allen2}

Per quanto riguarda altre variabili climatiche, in aggiunta alla temperatura media superficiale terrestre, i modelli di circolazione e trasporto forniscono tutta una serie di previsioni che sono comunque affette anch'esse da un certo grado di incertezza. E' di particolare interesse, dal punto di vista sociale ed economico, capire come sono variati e come varieranno gli eventi climatici estremi. La tabella 4 riassume le conoscenze attuali riguardanti il passato cinquantennio e il prossimo cinquantennio. La verosimiglianza degli eventi è basata sui dati disponibili, sui modelli climatici previsionali attuali e sul giudizio di esperti.

Per riassumere le cose, possiamo dire che il fatto che le previsioni siano incerte non può essere una scusa per non prendere alcuna decisione riguardo a un problema che sicuramente potrà avere degli effetti estremamente importanti sia per la salute e il benessere dell'uomo sia per la conservazione degli ecosistemi.


Tabella 4: Conclusioni raggiunte dall'IPCC sulle ipotesi di cambiamenti delle frequenza e intensità degli eventi climatici estremi. Tratto da Houghton et al. (2001).
\begin{table}
\par
\begin{center}
\par
\begin{tabularx}{\linewidth}{\vert p{145p...
...e zone \\
\par
\hline
\par
\end{tabularx}\par
\par
\end{center}\par
\end{table}