Due dimensioni essenziali caratterizzano la vita di ogni organismo sulla terra: spazio e tempo. Come già detto, l'ecologia si propone di indagare sulle cause che determinano la distribuzione nello spazio e la variazione della consistenza numerica nel tempo di popolazione di animali e di piante. Come mai, ad esempio, la zanzara Aedes aegypti, vettore della febbre gialla, è distribuita in tutto il mondo nelle zone tropicali e subtropicali, mentre la mosca tsetse (genere Glossina che causa la malattia del sonno) si trova solo in Africa tra i 15Nord e i 28Sud? Perché la cattura delle sardine del Pacifico è declinata dalle 800.000 tonnellate del 1936 ad una quantità praticamente trascurabile nel 1963? Ecco due tipiche domande che si può porre un ecologo.
Per quanto riguarda il tempo, va precisato che la scala temporale che si considera spesso in ecologia è quella non evolutiva, cioè tale che le caratteristiche genetiche degli organismi che si studiano sono fisse e non in evoluzione sotto la spinta della selezione naturale e di altre forze. Ciò è in realtà scorretto in quanto non sempre le variazioni della struttura genetica di una popolazione avvengono lentamente. È ormai comunemente noto come molti batteri possano diventare resistenti agli antibiotici e molti insetti ai pesticidi in tempi relativamente brevi. Lo sviluppo di questa resistenza è dovuto al processo di mutazione casuale del codice genetico da una generazione all'altra e alla selezione di varianti genetiche che sono insensibili ad antibiotici e pesticidi. Perciò anche nella soluzione di molti problemi di ecologia applicata si può essere costretti a considerare esplicitamente la genetica delle specie coinvolte ovvero a tener conto del processo di evoluzione delle specie. Nonostante l'importanza di queste tematiche, esse sono tuttavia al di fuori degli scopi della presente trattazione e non verranno considerate se non marginalmente. Qui ci si atterrà a una visione più tradizionale dell'ecologia, in cui la struttura genetica viene assunta come invariabile nel tempo.
I problemi della distribuzione e dell'abbondanza possono essere affrontati puntando l'attenzione su di una singola specie o analizzando contemporaneamente diverse specie viventi insieme (comunità ecologiche). In questo secondo caso sorgono domande ad un livello di sintesi più elevato, in cui non si guarda alla fluttuazione della singola popolazione, bensì all'organizzazione dell'intera comunità. Come mai le comunità tropicali sono molto più complesse (cioè ricche di specie e di interazioni tra specie) di quelle nelle zone temperate, le quali a loro volta sono molto più complesse delle comunità nelle regioni vicino al polo? Perché esiste quasi invariabilmente una relazione lineare crescente tra il logaritmo del numero di specie delle comunità insulari e il logaritmo dell'area delle isole? Come mai l'azione dell'uomo porta quasi sempre ad una perdita di biodiversità e a una semplificazione della struttura degli ecosistemi?
Per riassumere, se nell'ambito della biologia si considerano i seguenti livelli di organizzazione andando dal meno al più complesso:
Molecole |
Cellule |
Tessuti |
Organi |
Organismi |
Popolazioni |
Comunità/Ecosistemi |
Biomi |
Biosfera |
Le ragioni per cui i livelli più alti di organizzazione biologica sono i meno conosciuti dal punto di vista scientifico sono molteplici. La principale è che ben raramente l'ecologo può lavorare in laboratorio ad un'elevata scala di complessità: in pratica nessun ecosistema può essere riprodotto artificialmente. La possibilità di sperimentare è perciò gravemente inficiata. In natura, dove si svolge buona parte della ricerca ecologica, vengono quasi sempre a mancare alcuni tradizionali pilastri della indagine scientifica moderna: la possibilità di avere condizioni controllate (ad esempio temperature ed umidità costanti) e nel contempo di variare a piacimento queste condizioni e la possibilità di ripetere gli esperimenti e le osservazioni. Il più delle volte ogni ecosistema è unico al mondo e quindi non può essere riprodotto in scala più piccola all'interno di un laboratorio. Alla ripetitività degli esperimenti in laboratorio va sostituita l'osservazione di caratteristiche comuni ad ecosistemi tra di loro simili. Bisogna poi sperare che nel corso delle osservazioni, compiute molto spesso una sola volta a causa delle dimensioni e del costo della campagna di raccolta dei dati, la natura fornisca sufficiente variabilità nelle condizioni ambientali e che gli ecologi rilevino tutte le grandezze più importanti così da poter giungere a una comprensione dei meccanismi di funzionamento della popolazione o della comunità che vogliono studiare. Anche la geofisica o la chimica dell'atmosfera hanno problemi simili, ma senza tutta la complessità della materia vivente in aggiunta. L'ecologia ha quindi bisogno di un'ingegnosa integrazione di ricerche di laboratorio, in cui vengono analizzati e compresi alcuni processi elementari o studiati piccoli ecosistemi artificiali, di ricerche di campo, in cui popolazioni e comunità vengono osservate in condizioni naturali e disturbate, e di ricerche teoriche, in cui vengono elaborati modelli concettuali da confrontare con i dati sperimentali.
All'interno della complessità ecologica si vedono chiaramente diverse scale spesso organizzate gerarchicamente: ad esempio la spiegazione del funzionamento di una singola popolazione di mammiferi presuppone la comprensione della fisiologia e del comportamento degli individui, descrivibile su una scala temporale corta (giorni), del ciclo vitale (crescita, sopravvivenza, riproduzione), descrivibile su una scala temporale media (mesi), della demografia dell'intera popolazione, descrivibile su una scala temporale lunga (anni). Se si pensa poi che ogni popolazione è spazialmente organizzata e inserita in ecosistemi in cui i componenti essenziali vanno dalle dimensioni microscopiche dei batteri (con le relative scale spazio-temporali) a quelle enormi dei grandi mammiferi o delle piante secolari, si capisce come l'ecologia sia davvero una disciplina che pone sfide enormi agli strumenti concettuali che sono stati tradizionalmente sviluppati per spiegare sistemi fisici e chimici relativamente omogenei. È vero che anche la fisica ha sviluppato specifici strumenti teorici per le diverse scale (da quella atomica a quella planetaria), ma queste scale sono in generale contenute l'una nell'altra mentre ciò non avviene nell'organizzazione della materia vivente: ad es. nello stesso intervallo di tempo in cui diverse generazioni di microorganismi si succedono ed addirittura il loro patrimonio genetico cambia sotto la spinta della selezione naturale, i grandi organismi appartenenti allo stesso ecosistema non hanno che consumato una piccola parte del loro ciclo vitale.
Non è dunque inutile o banale interessarsi di ecologia, anzi il fatto che questa disciplina sia ancora in fase di crescita stimola la ricerca scientifica in quest'area così promettente. C'è da aggiungere che negli ultimi anni si sono resi disponibili una quantità di mezzi di ricerca, dai traccianti radioattivi al telerilevamento su grande scala, che facilitano grandemente lo studio di sistemi biologici complessi. Inoltre l'esistenza di calcolatori sempre più rapidi e sofisticati ha permesso la messa a punto di modelli matematici di ecosistemi che, pensabili sulla carta fino a due decenni fa, possono essere ora effettivamente usati. Il monitoraggio della terra via satellite ha permesso di rilevare in tempo reale i cambiamenti della copertura vegetale mondiale.
Tradizionalmente l'ecologia si è suddivisa in ecologia vegetale ed ecologia animale. Questa divisione ovviamente riflette la storica divisione tra botanici e zoologi ed, altrettanto ovviamente, è in via di principio scorretta poiché la maggior parte degli ecosistemi sono insiemi organici di animali e piante legati da mutue interazioni. Tuttavia va riconosciuto che alcune differenze importanti separano il regno animale da quello vegetale. Prima di tutto, gli animali sono mobili e le piante no. Ciò può sembrare banale, ma implica che certe metodiche di studio utilizzabili in un caso non lo sono nell'altro. Secondariamente, gli animali hanno in media una maggiore varietà di ruoli in natura (erbivori, carnivori, parassiti) e quindi lo studio delle relazioni tra diverse specie di animali è più difficile. Questo spiega perché storicamente l'ecologia vegetale si è focalizzata sullo studio delle associazioni di specie, mentre l'ecologia animale ha trovato il suo fulcro nella dinamica di popolazioni. Una visione moderna dell'ecologia non può tuttavia che unificare i due punti di vista e a questa impostazione si cercherà di attenersi nel seguito.