Bilanci biogeochimici

I cicli delle varie sostanze negli ecosistemi sono interconnessi tra di loro e interdipendenti: quando un consumatore, sia esso erbivoro o carnivoro, consuma biomassa, esso ingerisce non solo carbonio, ma anche azoto, fosforo, ossigeno, calcio, potassio; quando si bruciano combustibili fossili, si immette in atmosfera non solo anidride carbonica, ma anche ossidi di zolfo e di azoto. Tuttavia in prima approssimazione lo studio dei flussi di materia negli ecosistemi può essere condotto separatamente per i singoli elementi: i più importanti cicli sono quelli del carbonio, che considereremo di seguito con qualche dettaglio, dell'azoto, del fosforo e dello zolfo. Tali cicli possono essere indagati a diverse scale: una scala locale, a livello di piccolo ecosistema, quale un piccolo stagno, in cui si possono trascurare ad es. contributi dovuti all'attività vulcanica o il destino finale dei nutrienti con eventuale deposizione sul fondo oceanico; una scala regionale, a livello di grande ecosistema, quale un bacino fluviale, in cui bisogna ad es. capire come la chimica delle acque correnti è influenzata dai biota del territorio che costituisce il bacino di drenaggio e come influenza la chimica e la biologia delle acque lacustri in cui il fiume fluisce; una scala globale, a livello dell'intera biosfera, in cui si cerca di determinare i meccanismi che presiedono a flussi ed accumuli di sostanze nell'intera atmosfera, negli oceani, nelle terre emerse e nei vari biomi che costituiscono le grandi strutture della parte organica della nostra terra (foreste pluviali e temperate, praterie, ecc.).

Come per lo studio dei flussi di energia in un ecosistema, gli ecologi cercano di descrivere con diagrammi di flusso i cicli delle varie sostanze e di fornire dei bilanci per tali cicli. Va tenuto presente che, mentre l'energia può degradarsi in forma non più completamente riutilizzabile a causa del secondo principio della termodinamica (il calore si perde nell'atmosfera e non può venire riciclato), invece ogni singolo atomo di carbonio o fosforo o azoto viene conservato nei singoli passaggi da un comparto all'altro. Perciò, se indichiamo con $ n$ il numero totale di comparti organici e inorganici dello schema di flusso del ciclo biogeochimico di un certo elemento o di una certa sostanza e con $ Q_{i}$ la quantità totale (in peso o in moli) dell'elemento accumulata nel comparto (o serbatoio) $ i$-esimo, possiamo scrivere semplicemente

$\displaystyle \frac{dQ_i}{dt}=\sum_{j\neq i} I_{ji} - \sum_{j\neq i} I_{ij}\qquad i= 1, 2, \ldots, n
$

dove $ I_{ji}$ sono i flussi (quantità di materia nell'unità di tempo) che vanno dal comparto $ j$ al comparto $ i$. Spesso è ragionevole fare l'ipotesi che le concentrazioni nei vari comparti dell'ecosistema siano più o meno all'equilibrio ( $ dQ_{i}/dt = 0 \quad \forall i$). In questo caso abbiamo ovviamente che la somma dei flussi entranti in ogni comparto deve essere pari alla somma dei flussi uscenti, ovvero

$\displaystyle \sum_{j\neq i} I_{ji} = \sum_{j\neq i} I_{ij} \qquad i= 1, 2, \ldots, n
$

Quando un comparto è in equilibrio è anche possibile calcolare quanto tempo mediamente un atomo (o una molecola) di una sostanza spende all'interno del comparto. Questa grandezza viene chiamata tempo di residenza e si calcola facilmente come il rapporto tra la dimensione (costante nel tempo ) $ Q_{i}$ del comparto e la somma dei flussi entranti (o uscenti). Ad esempio, consideriamo ossigeno e azoto nell'atmosfera. Le loro quantità sono praticamente costanti: come riportato in Tab. 1.1 di pag. [*] ci sono 1.18$ \times$10$ ^{21}$ g di ossigeno e 3.87$ \times$10$ ^{21}$ g di azoto (Walker, 1977). Il flusso di ossigeno entrante nell'atmosfera è essenzialmente dovuto alla fotosintesi ed è pari all'incirca a 2.69$ \times$10$ ^{17}$ g a$ ^{-1}$ (Walker, 1980); quindi il tempo di residenza dell'ossigeno in atmosfera è pari a circa 4400 anni. Invece il flusso di azoto uscente dall'atmosfera dipende essenzialmente dall'azotofissazione, sia ad opera dei batteri sia ad opera dell'industria dei fertilizzanti, e dalla combustione. Una stima approssimata di tale flusso (Ayres et al., 1994) è di 2.8$ \times$10$ ^{14}$ g a$ ^{-1}$ e conseguentemente il tempo di residenza dell'azoto in atmosfera è di quasi 14 milioni di anni. Sappiamo che attualmente i flussi entranti ed uscenti di azoto non si bilanciano esattamente per il comparto atmosferico, per cui questo calcolo è solo approssimato, ma esso mette in evidenza come ci sia una differenza di diversi ordini di grandezza tra le velocità di ricambio di ossigeno e di azoto nell'atmosfera. Se si considera poi il protossido d'azoto (N$ _{2}$O) in atmosfera, la sua concentrazione è di circa 300 ppb (parti per bilione, o parti per miliardo) che corrisponde a 2.3$ \times$10$ ^{15}$ g (Walker, 1977). La stima delle sorgenti di N$ _{2}$O fornisce un flusso entrante di almeno 20$ \times$10$ ^{12}$ g a$ ^{-1}$ (Schlesinger, 1991), da cui si ricava un tempo di residenza di non più di 115 anni. Questo vuol dire che sulle nostre scale temporali la dinamica dell'azoto atmosferico può essere del tutto trascurata, quella dell'ossigeno può essere in prima approssimazione trascurata, ma quella del protossido d'azoto va sicuramente considerata. Poiché il protossido d'azoto è un importante gas serra (200 volte di più dell'anidride carbonica, vedi dopo), sono chiare le implicazioni pratiche di questo fatto. Spesso si usa la terminologia "comparto attivo/inattivo" riferendosi proprio ai diversi tempi di residenza. Se in un ciclo biogeochimico un comparto presenta tempi di residenza molto più lunghi di quelli degli altri comparti diciamo che tale comparto è inattivo.